Relazione 5: la biografia mistica.
Ciò che sorprende nella Relazione è un’esperienza nell’esperienza: “Altre volte mi sembra che questa ferita d’amore affiori dall’intimo dell’anima. Se ne hanno grandi effetti… Si tratta di desideri di Dio così vivi e delicati che non si riesce ad esprimerli – e aggiunge- l’anima si vede impossibilitata a godere di Dio come vorrebbe”. Relazione 5, 17.
“Non dirò se non cose che abbia sperimentato poche o molte volte”, e termina riportando la prima forma di orazione, o primo grado: “Un’altra orazione che mi ricordo, prima di quella che ho scritto sopra, è una presenza di Dio, che non è una forma di visione, ma sembra che ogni volta che una persona di vuole raccomandare a sua Maestà (almeno quando non si è nell’aridità), benché sia pregare vocalmente, lo trova”.
Esperienza della presenza di Dio nella preghiera vocale: pregare alla presenza di Dio e sperimentando questa sua vicinanza. A livello pedagogico la santa ha espresso questa esperienza nel commento al Padre nostro nel dire che Gesù rimasto qui per farci compagnia, aiutarci, animarci ecc, prega con noi ogni volta che ci rivolgiamo al Padre con la sua preghiera, Gesù è insieme a noi e prega con noi.
In più in questa Relazione 5 parla degli effetti che vede nascere per merito di questa ferita d’amore: dolore spirituale, ma piacevole, dolori diversi da quelli corporali, riflessione sui patimenti inimmaginabili dell’inferno e del purgatorio le cui sofferenze non sono minimamente paragonabili a quelle corporali.
Una perla preziosa incastonata nel gioiello di oro puro, arricchito di delicati smalti e ornamenti che Teresa ha lavorato con l’aiuto del Signore nella grande opera di oreficeria che sono i suoi scritti.
Ne apprezziamo il valore se consideriamo la cornice di questa biografia dell’orazione mistica: la santa è denunciata all’Inquisizione di Siviglia. Scrive le Relazioni 4 e 5 al gesuita Rodrigo Álvarez, negli anni 1575- 1576, per rendere conto della sua orazione e dei fenomeni mistici che sperimenta e per sottoporre la storia della sua esperienza di grazie del Signore al vaglio della Chiesa. Il Libro della Vita, dove ha scritto le esperienze fino al 1565 è in mano all’Inquisizione, al Cardinale di Toledo, e non lo rivedrà più. La sua esperienza e la sua dottrina dell’unione con Dio sono state vagliate al giudizio dei teologi e della Chiesa e come risultato hanno sempre prodotto l’ammirazione.
Castello Interiore, seste dimore, secondo capitolo, 4-5.
“Stavo ora pensando se per caso da questo fuoco del braciere acceso, che è il mio Dio, non si fosse staccata una scintilla e avesse colpito l’anima in modo da farle sentire l’ardore di quel fuoco, ma non essendo tanto forte da consumarla ed essendo così dolce, l’avesse lasciata con quella pena prodottale nel toccarla. Ecco, a mio avviso, il miglior paragone che son riuscita a trovare.
E anche quando dura un po’, va e viene. In conclusione, non è mai costante, e per questo non finisce mai di bruciare l’anima. Infatti, quando essa sta per accendersi, la scintilla si spegne e l’anima rimane con il desiderio di tornare a patire quel dolore amoroso che la scintilla le produce… Qui non c’è da pensare che si tratti di un effetto della stessa natura o della malinconia e nemmeno di un inganno del demonio o di illusione, perché si vede bene che è un movimento proveniente da dove abita il Signore, che è immutabile”.