26 agosto. La parola da cercare: Trasverberazione.
La terra che calpesti è santa. Parole udite durante la costruzione di questa cappella all’inizio dell’anno 1628.
Così si legge sulla lapide pavimentale interna alla cappella della Trasverberazione nel monastero dell’Incarnazione di Avila. Appena entrati, al centro, è posta la perenne memoria di una profonda esperienza di Dio donata a santa Teresa e futuro pegno della famiglia dell’Ordine del Carmelo teresiano che da lei ebbe origine.
La cappella fu costruita come ampliamento esterno della cella di santa Teresa ed è in parte ancora oggi visibile nell’angolo a sinistra guardando l’altare maggiore. Avvicinandosi, lo sguardo viene attirato dalla sua struttura a due piani: in alto un cucinino, in basso la parte dove Teresa viveva, pregava e si riuniva con altre consorelle. In questo luogo santo è ambientata la grazia raccontata nel capitolo 29 della autobiografia di Teresa, il Libro delle misericordie e conosciuta da secoli come la Trasverberazione di santa Teresa.
Il termine Trasverberazione
Fu consacrato dalla liturgia e dall’iconografia. Più tardi passò nelle biografie di Teresa e nel lessico della teologia spirituale. Neppure Giovanni della Croce che tratta della grazia, impiegò questo vocabolo.
Ha origine dal latino che unisce sia “colpo”, “ferita”, sia l’azione di attraversare. Come curiosità: digitando Trasverberazione sul sito della Treccani il risultato è “Teresa di Gesù, santa”.
La grazia della Trasverberazione: la narrazione.
“Vedevo un angelo vicinissimo a me, al mio lato sinistro, in forma corporea, cosa che di solito non vedo… Il Signore volle che lo vedessi così: non era grande, anzi piccolo, molto bello, il volto così acceso che sembrava uno degli angeli più elevati, che sembrano ardere tutti. Devono essere quelli che chiamano cherubini, anche se a me il nome non lo dicono mai; però so bene che in cielo c’è tanta differenza tra alcuni angeli e altri e tra l’uno e l’altro, che io non saprei spiegarlo. Vedevo nelle sue mani un lungo dardo d’oro e sulla punta della freccia mi pareva che avesse un po’ di fuoco. Mi pareva che con questo mi trapassasse il cuore un po’ di volte e che penetrasse fino alle viscere, e quando lo estraeva mi sembrava le portasse via con sé e mi lasciava come tutta infiammata di un grande amore di Dio. Era così grande il dolore da farmi emettere quei lamenti, e così eccessiva la soavità causata da questo grandissimo dolore, che non si può desiderare che smetta, né l’anima si accontenta con meno che Dio. Non è un dolore fisico ma spirituale, anche se il corpo un poco vi partecipa, e perfino parecchio. È un corteggiamento così soave che passa tra l’anima e Dio, che supplico la sua bontà che lo faccia gustare a chi pensasse che mento.” Vita 29,13.
Gli effetti che descrive sono un dipinto al vivo di ciò che le accadeva: “I giorni in cui durava questo stato ero come incantata, assorta: non volevo vedere né parlare, ma abbracciarmi con la mia pena, la quale per me era maggiore gloria di quante ve ne possano essere in tutto il creato.” Vita 29,14.
Ma non finisce qui perché Teresa ci confida che queste esperienze le accadevano anche quando si trovava tra la gente, non poteva resistere e per questo le notizie “con mio grande rammarico cominciarono a divulgarsi.” Id.
È interessante il particolare. La ferita non è accaduta solo nel segreto della sua cella nel monastero dell’Incarnazione, ma si è ripetuta altre volte e per di più in presenza di persone.
Teresa ne tratta in diversi libri e secondo aspetti diversi a partire dalla comprensione che nel tempo arricchisce la grazia. Nel Libro della Vita, la grazia della Trasverberazione è scritta in forma di testimonianza, perché è vicina all’esperienza mistica e contiene tutta la vivacità e la freschezza dei particolari, dall’angelo alla freccia, agli effetti che genera. Le molte volte di cui scrive Teresa ci possono far pensare legittimamente che tali grazie stavano accadendo quando scrisse il Libro della Vita.
Teresa ne parla in altri due scritti.
Teresa testimonia questa grazia in altri testi, ma due sono i principali per il significato che assumono: la Relazione quinta e il Castello Interiore. Nel primo, Teresa aggiunge alla grazia raccontata nel Libro della Vita che “sembra che questa ferita d’amore affiori dall’intimo dell’anima. Se ne hanno grandi effetti… Si tratta di desideri di Dio così vivi e delicati che non si riesce ad esprimerli”.
Nel Castello Interiore la ferita d’amore apre e conclude le seste dimore e sono la preparazione al vertice del cammino Cristiano; sono definite come il fidanzamento spirituale rispetto al matrimonio spirituale. Sono grazie di unione con Dio e di purificazione dell’amore. Come esempio potremmo pensarle come i prodotti naturali erboristici, i quali depurano, purificano i vari organi e le funzionalità del corpo, così l’amore ha necessità di essere purificato perché risplenda la preziosità del suo valore.
Nella Relazione, è di particolare interesse l’esempio delle scintille che scheggiano dal braciere come immagine delle ferite d’amore che accendono d’amore la vita e uniscono sempre più al Signore. Teresa cerca sempre di illuminare e ingolosire ogni cristiano di un bene così alto. Si invita a leggere i testi della Relazione 5 e del Castello Interiore, seste dimore, secondo capitolo, 4-5 per assaporarne anche la qualità letteraria.
Interpretazioni della grazia.
Due interpretazioni segnano la comprensione di questa grazia della Trrasverberazione. San Giovanni della Croce e il Papa Gregorio XV con la Bolla di canonizzazione della santa, “Omnipotens sermo Dei”.
Il primo carmelitano interpreta la grazia di Teresa per la famiglia di cui è fondatrice. La Trasverberazione è il dono fatto soprattutto a “coloro la cui virtù e spirito si doveva diffondere nella successione dei loro figli, poiché Dio dà la ricchezza e il valore ai capi nelle primizie dello spirito, secondo la maggiore o minore successione che dovrebbe avere la loro dottrina e il loro spirito” (Fiamma 2,12). Per san Giovanni, nel cammino dell’unione con Dio, la Trasverberazione è un’esperienza dell’ultima tappa. Le ferite d’amore sono un tocco di Dio senza nessun intermediario o mediazione. Le sintetiche parole di san Giovanni della Croce si realizzarono pienamente in Teresa. È la testimonianza del figlio che fece suo il carisma e la dottrina della madre Teresa.
Continua…